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lunedì 8 giugno 2015

Amico Fragile


       In        una
nuv olaro ssa 
Un posto che si
chiamasse
Anarchia
"Ero più ubriaco di voi,
ero   molto più ubriaco    di voi".


                    di Matteo Tassinari
Cita questi versi in una delle canzoni più autobiografiche e più amate da Fabrizio De André per sua stessa ammissione e da moltissimi suoi estimatori, Amico Fragile. Quasi sempre è stata inserita nei concerti, diverse volte cambiando la chiosa "per raggiungere, un posto che si chiamasse arrivederci", una versione, l’altra, "per raggiungere un posto che si chiamasse Anarchia". È la considerazione sulla delicatezza o imperfezione della connessione tra gli esseri umani e quindi sul senso di deserto allucinato che sorge nel momento in cui questi mancano.
È stata oggetto
di profonde
discussioni,
in rete e fuori, circa la sua valenza e il suo significato e le versioni che ha avuto molteplici simbolismi, allegorie, allusioni, figurazioni, similitudine, immagini simbolo, trasfigurazione, trasposizione. La genesi di Amico fragile è stata raccontata dallo stesso Fabrizio in più di una circostanza. Il narratore di Amico fragile, "evaporato in una nuvola rossa", guarda con assenza l'immaginazione di chi è "più curioso", "meno stanco" e "più ubriaco" i "luoghi meno comuni e più feroci", la cortesia diplomatica dei rapporti falsi, le convenzioni del mondo in cui è immerso l'inquietudine del vivere quotidiano.
Da una parte pare respingere ogni astrazione conciliativa, di assimilazione e armonia, di approvazione delle contraddizioni e dei confini individuali. Pare voler partire in uno spazio onirico, ricercando l'oscuramento dentro di sè. Amico fragile è l'encomio del fallimento di chi ha vestito due panni contrapposti allo stesso tempo dal ruolo dell'inquisitore e del blasfemo, del sacerdote e della vittima sacrificale, del censore collotorto e dell'anarcoide libertario.
Amico fragile    è
nata     quando
Fabrizio era ancora con la mia prima moglie Puny, fu invitato una sera ad una di quelle feste a Portobello di Gallura, dove Fabrizio s'era comprato una casa nel '69, in uno di quei ghetti della costa nord sarda. D'estate arrivavano tutti i turisti, gente coi danari, mercedes, rolex, che sfruttavano la bellezza del posto che li circondava senza rispettarlo, romani, milanesi, genovesi, torinesi, in un parco residenziale, e invitavano a sera che finiva sempre col chiudersi puntualmente con Fabrizio e la chitarra in mano. A De André tutto questo non piaceva affatto, anzi lo detestava. E lo dice che è in cerca di luoghi meno feroci: "Luoghi meno comuni e più feroci senza rimpiangere la mia credulità", ossessioni che appartengono al privato di Fabrizio e trovano posto nello scoprire di essere "molto più ubriaco di voi".
Venne di getto
Una sera, Fabrizio, tentò di dire: “Perché piuttosto non parliamo del Diavolo, visto che il Papa ne ha parlato proprio in questi giorni?”. Era il periodo che Paolo VI parlò pubblicamente degli esorcismi. Fabrizio voleva parlare un po' di quello che succedeva in Italia, non mettersi al centro della situazione con la solita chitarra e i soliti coretti col rolex al polso, ma la gente non lo capiva questo, che voleva essere uno come gli altri. Nemmeno per sogno, doveva suonare!
Così era stato deciso dalla maggioranza!
Questo, per lo spirito libero ch'era De André, consisteva in un'imposizione tremenda, inospportabile per il suo carattere, da non vivere, caso mai da fuggire come poi ha fatto. Del resto De André è sempre stato un maestro nel regalare la sua assenza a chi non dava valore alla sua presenza. Era un uomo, inteso come lui intendeva gli altri uomini, soprattutto quelli che dalla vita hanno ricevuto maledetti ceffoni per responsabilità altrui. Era un vincente perdente, e non vi è in questa accezione alcuna contraddizione, c'è la verità di un uomo.
   Allora,  a polmoni  
aperti,
Fabrizio gridò fra lo stupore della gente: “mi sono proprio rotto i coglioni, andate a quel paese tutti voi che non sapete altro che imporre cosa uno deve fare. Poi mi sono ubriacato sconciamente, come un ubriacone senza vergogna, remore e ritegno, ho insultato tutti ad alta voce e ho infangato tutti i loro modi di vita e me ne sono tornato a casa per scrivere Amico fragile". Non so voi, ma in Amico Fragile vedo Piero Ciampi, e il contesto contingente è qui di natura del tutto particolare, ed è necessario tenerne ben conto. "Ero sbronzo e c’impiegai circa un’ora, mi venne, come si dice, di getto. Ricordo che erano circa le otto del mattino, la mia prima moglie Puny mi cercava senza trovarmi, né a letto né da nessun'altra parte. C'era infatti una specie di buco a casa nostra, che era poi una dispensa priva anche di mobili, dove m'ero rifugiato e mi hanno trovato lì che stavo finendo proprio questa canzone".
La nuvola rossa e l'alcol

La nuvola rossa citata all'inizio è un riferimento all'alcol e al suo oblio che incasinava brutalmente la situazione, ma era vero che fosse l'unica via di fuga da quel branco di gente con le signore borseggiate da Louis Vuitton e il foulard di Ken Scott. Lui si trovava al centro di una congrega che non aveva mai scelto, mentre la congrega aveva scelto lui come menestrello della serata solo perché aveva cantato con Mina e alla Bussola di Viareggio ed era un nome ormai. Ma ciò Faber non lo sopportava.

Evaporato in una nuvola rossa”,
da considerare che a quei tempi Faber si considerava un "drogato" (parole testuali sue), bevendo un litro al giorno di wishky. “La droga dei miei tempi era l'alcol. Ho bevuto come una spugna fino a 45 anni. Sicuramente fossi nato 40 anni dopo mi sarei ritrovato con molte siringhe nelle braccia. Mi è andata bene". La dispensa dove si era rifugiato è una delle molte feritoie della notte, dove ci si rifugia per non essere scoperti per il desiderio della solitudine come l'acqua quando si ha sete. Scritto o no sotto l'effetto dell'alcol, il testo dimostra un'efficacia non comune, una struttura del testo composta e degna del miglior De André poeta. Fu questa canzone che aggiunse alla sua personalità dotata di forti giochi visionari, talvolta incomprensibili per non voler capire.
    Certo, si potrebbe dire anche
bardo, cantastorie capacissimo di scrivere qualcosa che ci tocchi, ma lui non voleva sentirsi chiamare poeta, diventava proprio rosso in faccia. Aveva un rispetto tremendo per l'arte in cui Montale sbeffeggiava gli altrui e Gadda disarmava in rime chi lo amava. In un'intervista rilasciata poco dopo l'uscita del disco dov’era inserita Amico Fragile, Fabrizio sottolineò la valenza politica della canzone e andava giù come il miglior Charles Baudelaire impennato dalla penna: “Mi sono ritrovato con la chitarra in mano in mezzo a gente che pensava solo al divertimento, agli affari suoi, al denaro, allo sfruttamento, al godimento, allo strozzinaggio, all’uso frutto, alla speculazione, senza porsi il dubbio del parere altrui. Questa gente non la sopporto e non la sopporterò mai, sono il mio esatto contrario”.
Don Andrea Gallo, estimatore e amico di Faber
L'ennesimo rigetto contro la borghesia, classe sociale da cui proveniva e proprio per questo negazione doppia. Viveva come un colpa il fatto che la sua famiglia fosse una delle più ricche di Genova. Ha sempre criticato le sue origini sociali, ma del resto non era colpa sua se i suoi genitori erano ricchi e suo padre amministratore delegato dell'Eridania, oltre che essere stato vice sindaco di Genova e uomo di fiducia dell'imprenditore rampante del gruppo Ferruzzi di Ravenna. Detestava questa gente, per quanto amava suo padre. Al giornalista Vincenzo Mollica disse: "La cosa che vorrei di più ora che mio padre è morto, è poterlo rivedere e parlarci un pò, sarebbe stupendo".
Jackson       prende
a cazzotti Marx
Anche questa è un'operazione politica, non semplicemente musicale o stilistica, o uno snob da caduco artista, no, perché arriva dal basso e colpisce! Continuava: “Trovo maggiori pruriti scandalistico sociali nel leggere George Jackson (un uomo bastonato a sangue e morto in prigione sconosciuto ai più) che non Carlo Marx, il filosofo. Marx è un teorico, un filosofo appunto, Jackson ha provato sulla sua pelle certe sensazioni e le ha espresse. Marx lo posso smentire (la teoria si può sempre smentire, quando si vuole). Jackson no, le ferite e le randellate a sangue, no!”.
Karl Marx, versione thc
Sono contingenze, episodi,
circostanze, avventure, aneddoti, che restano oltre ogni oltre convinzione o dottrina. Per questo nelle corde ispiratrici di Faber, nasce un fatto fondamentale. George Jackson, rinchiuso nel carcere di San Quintino il 21 agosto 1971 è stato un rivoluzionario statunitense. Fra i principali militanti del Black Panther Party (BPP), movimento rivoluzionario afroamericano, ucciso da un secondino del carcere perché era un vero rivoluzionario, molto più autentico del filosofo Karl Marx che tanto ha detto, forse anche troppo. Nel filosofo la realtà non valeva quanto valeva in quella di Jackson, massacrato pur essendo innocente. Fino a scoprire che Faber non è un totem, una leggenda o mito, cose che a lui stesso suonavano assai sgradite, ma considerato un uomo come tutti, con la differenza che riusciva a modellare il suo animo e quello di chi l'ascoltava con le parole e una chitarra e una fantasia sconfinata. Con un verso toccava le corde più nascoste di noi stessi. 
Navigando con Fabrizio al posto
del Gabbiere Maqroll di Alvaro Mutis
La realtà è stata 
finalmente disarticolata.
Insultato dai figli che "parlano ancora ad alta voce e male di lui", divorato da un cannibale che gl'insegna la distanza dalle stelle al mare, asfissiato tra litri e litri di corallo per raggiungere un posto che si chiamasse "arrivederci" o "anarchia", dipende da come gli girava. Posto finalmente raggiungo da Fabrizio De André l’11 gennaio 1999 (giorno della sua morte) e dal quale continua ad emettere segnali all’infrarosso, mentre "il cane Libero li capta sicuramente meglio di chiunque altro e sa restituirli egregiamente", con un bisogno d'attenzione e d'amore troppo: "Se mi vuoi bene, piangi ".
James Joyce
Flusso di   coscenza
In Amico Fragile, Fabrizio De André, fornisce un esempio di “stream of semi-consciousness”, ossia il flusso di coscienza che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. In questo Faber era il migliore, oltre a Leonard Cohen, se non allo stesso livello. Il flusso di coscienza viene realizzato tramite un monologo, ovvero in quelle opere dove emerge in primo piano l'individuo, con i suoi conflitti interiori e, in generale, le sue emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni.
Sigmund Freud
Questo
sotto-genere,
nasce dopo le pubblicazioni di Sigmund Freud sulla psicoanalisi, che propone i primi seri studi sull'inconscio. Il primo esempio nella letteratura è l'opera di Dorothy Richardson e May Sinclair, ma la sua notorietà si deve allo scrittore James Joyce con The Balled of  Perse O’Relly. Questa nuova poetica viene poi amplificata dallo stesso Joyce nella sua più celebre opera, Ulisse. Viene di fatto eliminata ogni barriera tra la percezione reale delle cose e la rielaborazione mentale. La tecnica è portata alle estreme conseguenze in una delle sue ultime opere, Finnegans Wake, in cui la narrazione si svolge interamente all'interno di un sogno del protagonista: vengono abolite le normali norme della grammatica e dell'ortografia.
Ballerina di 2° fila

Sparisce la punteggiatura, le parole si fondono tra loro cercando di riprodurre il confuso linguaggio onirico, ma riuscendo così assai oscure. Il poeta, dunque, suona, suona e basta, incurante di ciò che capita intorno a sè. E registra come un sismografo le sue variazioni a seconda delle vibrazioni percepite. Dall’immagine totalmente onirica della “ballerina di seconda fila”, si passa ad un flash di coscienza lucida, precisa, totale, che rappresenta forse il momento della canzone perché esprime la gioia totale, la compenetrazione profonda dell’artista con il suo semplice strumento e le parole escogitate, "pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra", suonarla solo per se, dove non ci sono barriere e la libertà è una prigione senza confini.
Da quei luoghi Fabrizio voleva stare prendere le distanze, starci lontano, desiderava abitare in mondi sempre in trincea, nascondigli lontani, rifugi distanti, tane che solo lui conosceva, covi per pochi, spelonche per quelli come lui e me, covili dietro l'angolo, basta che il tutto fosse lontano da quegli “amici” borghesi, gente, definita da Faber, “Veramente scandalosa”. In questi nascondigli De André si trova più libero di loro, sbronzo, ma se stesso e della bottiglia di Jhonny Walker e di riserva una di Chivas, senza dover suonare per altri per gli altri l’avevano deciso, senza esserne costretti da volontà altrui che lui non sopportava. L'alcol, in fondo, era la sua eroina.